L'argento: metallo prezioso, uso e tecniche di lavorazione nel corso dei secoli

L'argento nei tempi lontani 


Sin dai tempi antichi l'argento ha affascinato l'uomo per le sue caratteristiche di lucentezza, duttilità e preziosità.

Se ne parla nella Genesi (Abramo acquistò per 400 pezzi d'argento il terreno per dare sepoltura alla moglie Sara), nell'Iliade e nell'Odissea di Omero ( “v'era un chiarore come il sole o di luna nella casa dall'alto soffitto del magnanimo Alcinoo: muri di bronzo […] porte d'oro […] stipiti d'argento si ergevano sula soglia di bronzo; d'argento l'architrave […] ai lati v'erano cani, d'oro e d'argento che Efesto aveva foggiato per guardare il palazzo del magnanimo Alcinoo”, Odissea canto VII) ed è dato acquisito che anche gli Egizi avessero appreso l'arte di isolarlo da altri minerali, rendendolo puro.

Infatti solitamente il metallo si trova in natura commisto a formazioni rocciose, dalle quali viene separato per essere lavorato.

In Europa già nell'antichità si trovavano giacimenti argentiferi, ma fu solo con la scoperta del Nuovo Mondo e l'importazione del metallo americano che divenne disponibile sul mercato in grandi quantità. Prima esso era raro quanto l'oro.






Per poter essere lavorato, l'argento necessita l'aggiunta dei cosiddetti metalli “vili”, in primis il rame, i quali, creando una lega metallica e conferendogli rigidezza, lo rendono malleabile.

E' stato necessario pertanto, che le autorità, a tutela degli acquirenti, emanassero precise disposizioni a garanzia della bontà del metallo prezioso, anche perché era lo stesso argentiere che si procurava l'argento, o allo stato puro o ricavandolo da vecchi oggetti precedentemente fusi. 

Nasceva così la figura dell'assaggiatore, il cui compito era quello di verificare i requisiti di purezza dell'oggetto in questione; per sicurezza poteva essere effettuato un secondo controllo per mano del controassaggiatore. Essi apponevano dei marchi a garanzia dei controlli eseguiti.

Il punzone, invece, era lo strumento che imprimeva il marchio proprio dell'argentiere, autore dell'opera. Nel linguaggio comune punzone e marchio sono diventati sinonimi.

Analizzando le varie epoche storiche, riscontriamo anche nell'arte argentiera, come in ogni ambito artistico, peculiarità che hanno connotato le tecniche di lavorazione, le forme e gli stili tanto da ricostruirne la storia e l'evoluzione in modo specifico.



 


L'arte dell'argenteria nel Rinascimento


Nel Quattrocento l'arte dell'argenteria (e dell'oreficeria) raggiunse l'apice di perfezione grazie all'apporto di grandi pittori e scultori, quali Lorenzo Ghiberti, Andrea del Verrocchio, Antonio del Pollaiolo, Domenico Ghirlandaio che ne appresero i rudimenti della tecnica, proprio nelle botteghe di orafi e argentieri.

L'epoca rinascimentale ebbe uno stile molto ricco e improntato sui modelli classici. Ad esempio, i candelieri erano decorati con ghirlande, foglie d'acanto, maschere, putti… e gli oggetti d'uso da tavola, piatti, vassoi, zuppiere presentavano ornamentazioni in rilievo anche di notevoli proporzioni.

S'inaugurò l'epoca delle grandi esibizioni di argenterie: le tavole appaiono imbandite da sontuosi servizi e le credenze si trasformano in mobili da vetrina, in cui veri e propri trionfi d'argento erano esposti in occasioni di feste ed eventi solenni.





I grandi maestri argentieri del Cinquecento


Maso di Finiguerra (1426-1464), incisore fiorentino, fu definito dal celebre Benvenuto Cellini “insuperabile nell'arte dell'intagliare e del niello” nel Trattato dell'oreficeria, primo testo nella storia dell'arte, sull'argomento della lavorazione dei metalli. 

L'arte del niello è una tecnica di decorazione delle superfici metalliche: la lastra d'argento precedentemente incisa con il bulino (strumento munito di punta metallica), viene riempita nei solchi tracciati con un amalgama fuso di argento, rame, piombo e zolfo dal colore nerastro, il cosiddetto nigellum, da cui niello. Una volta raffreddato il composto, si leviga il piano della lastra in modo tale da far risaltare il disegno sul fondo specchiante dell'argento.

Nel XVI secolo il centro di maggior spicco continua ad essere Firenze, in cui fece scuola Benvenuto Cellini (1500-1571), il quale lavorò anche a Roma per il papa Clemente VII e a Parigi, dove per volontà del re Francesco I, fondò nel 1540 una scuola che diresse per cinque anni. Del periodo francese a noi è giunta una produzione in numero esiguo a causa delle frequenti fusioni a cui l'argenteria era sottoposta per far fronte a gravose situazioni economiche o alle ingenti spese di guerra, circostanza questa comune anche al nostro Piemonte al tempo dei Savoia. 






Un capitolo del suo Trattato è dedicato a “Del modo di lavorare di grosserie di oro, di argento e di ogni sorte di cotale arte”, in cui l'autore spiega tre tecniche per fondere l'argento e come creare e decorare un vaso. 

La fusione del metallo avviene in un fornelletto e usando un mantice per far aria, “tu vedrai ridurre il tuo argento liquefatto come acqua” (cap. XIX).

Passa poi a descrivere il modo di piegare la lamina, battendola con il martello per dare al vaso la forma desiderata:

“…pigliando la tua piastra calda [… ] non troppo rossa, perché si spezzerebbe […] e messa in su l'ancudine, con la penna del martello si debba batterla […] da tutti e quattro i cantoni della piastra […] la detta piastra sarà divenuta tonda”.

Poi si procede alla decorazione con il cesello, piccolo scalpello in ferro. Cellini parla di “ceselletti, ferri di lunghezza di un dito, e di grossezza d'una penna d'oca […] questi ferri sono in diverse maniere, alcuni sono fatti come una C […] io ho veduto diversi modi di cesellare […] questo non importa, solo basta che i ceselli non taglino l'argento, ma solo lo ammacchino”.

Per creare i bassorilievi ci si avvale della tecnica dello sbalzo, che consiste nel lavorare il rovescio della lastra. In questo modo, l'artista esegue l'opera in "negativo", modellando delle concavità, le quali risulteranno a lavoro ultimato poste in rilievo.




Il Barocco


Se ancora nel Cinquecento la figura dell'argentiere non era prettamente distinta da quella dell'orafo, il quale doveva essere in grado di lavorare i metalli integrandoli con altri materiali di natura diversa, come pietre preziose, smalti e avorio, è a partire dal Seicento che i due ruoli assumono una fisionomia ben precisa e indipendente.

Infatti l'argentiere barocco (XVII secolo) si limita quasi esclusivamente alle tecniche di trasformazione del metallo che abbiamo citato prima a proposito del trattato di Cellini. Ora gli oggetti d'uso domestico assumono forme lineari, pratiche e funzionali, con semplici incisioni o addirittura assenti, per mettere in risalto la superficie lunare del metallo.

Tale divaricazione è in sostanza alla base della distinzione tra orafo e argentiere.

Questo naturalmente non significò una diminuzione del ruolo dell'argentiere o il suo confinamento ad una posizione secondaria: la tavola fu sempre luogo principe del trionfo degli argenti.






Fino agli inizi del Seicento l'argento rimase, per il suo costo elevato, privilegio per pochi; infatti solo le famiglie abbienti possedevano argenteria. L'usanza di affermare la propria classe sociale mettendo in mostra i propri beni sulle grandi credenze si protrarrà sino al primo Settecento, quando ancora tale moda era in vigore presso la corte del re Sole.

Lo stile barocco fu sempre improntato alla classicità, sia nella struttura che nei decori, tratti dal mondo vegetale e geometrico, proprio delle suppellettili classiche.

Tipici del periodo sono la brocca e il bacile dell'acqua per sciacquarsi le mani tra una portata e l'altra, necessari in un'epoca in cui a tavola si faceva uso delle mani e stentava quello delle posate, fatto questo che spiega la relativa quantità di questa tipologia di oggetti.



 


L'argento nel Settecento


Il Settecento produce opere caratterizzate da due stili contrapposti: Rococò, dagli anni '30 e Neoclassicismo a partire dagli anni '70 sino al primo Ottocento.

E' il secolo dell'argenteria per eccellenza e la Francia detta legge sull'intera Europa. Nomi prestigiosi firmano opere di alta fattura: Thomas e François Germain, Juste-Aurel Meissoneir. 

Il Rococò predilige forme ondulate (la conchiglia è la forma simbolica più ricorrente) e il movimento; l'argento si piega sotto la mano dell'argentiere: caffettiere, cioccolatiere, brocche per acqua e vino, sono caratterizzate da rigonfiature e scanalature ad evocare movimento puro, i coperchi culminano con figurine di animali, amorini, fiori e frutti. 

In reazione al Rococò si affermò la corrente Neoclassica, che invece predilesse linee sobrie, diritte, composte e leggere.

In Italia Andrea Boucheron (1693- 1761), già figlio d'arte e nato a Torino, è definito principe degli argentieri presso la corte dei Savoia, e lo stesso Filippo Juvarra (1678-1736), giunto da Messina a Torino, nato anch'egli da una famiglia di argentieri, è prima argentiere che architetto.






I cambiamenti sociali, la sempre più intensa vita sociale e la diffusione delle regole del buon comportamento, che prevedevano l'uso delle posate a tavola, resero necessario per le classi più elevate - ma talora anche borghesi - possedere il grande servizio, completo di piatti da portata e posate di dimensioni e forme diversificate in funzione del cibo, le quali entrarono così a far parte delle apparecchiature dei palazzi signorili.

In realtà forchette, coltelli e cucchiai esistevano già nell'antichità, ma anche se un gentiluomo del Medioevo era solito portarsi appresso un astuccio contenente le posate, non era detto che ne facesse uso ed ancora alla fine del XVII secolo l'impiego delle mani si alternava a quello di questi utensili.

Il coltello era dotato di due funzioni, utensile domestico e arma da caccia e da difesa personale, e fu la prima posata a comparire sulla tavola, ma in un solo esemplare ad uso di tutti i commensali. La forchetta fu più tardiva, e il coltello ne anticipò la funzione essendo dotato di punte ricurve che servivano per inforcare i pezzi di carne. 

Era invece radicato da tempo l'uso del cucchiaio, utilizzato da sempre per cibarsi di brodi e minestre. 



 


L'Ottocento


Nell'Ottocento le lavorazioni manuali dei maestri argentieri, proprie dei secoli precedenti, si ridussero a favore di quelle meccaniche. Le nuove tecniche impiegavano macchine diverse a seconda dell'evoluzione tecnologica, che sfruttarono dapprima l'energia a vapore, poi idraulica fino ad arrivare a quella elettrica.

Nella prima metà dell'Ottocento si utilizzò la pressa meccanica, intorno al 1860 il tornio a torretta e le prime fresatrici.

Questo sistema di produzione meccanica condizionò così i disegnatori, i cui lavori venivano ridisegnati dai tecnici secondo un linguaggio meccanico specifico. 

Nulla era lasciato all'improvvisazione o all'intraprendenza individuale, poiché l'attività era ormai diventata d'equipe e i vari cicli di lavorazione si attuavano nei diversi reparti con le rispettive macchine utensili.


 


L'epoca napoleonica


In Francia il secolo si apre con l'epoca Napoleonica (1804-1815) e il cosiddetto stile Impero che si sviluppa al fine di celebrare l'ascesa al potere di Napoleone. 

Corrente del Neoclassicismo, lo stile Impero fu arricchito ulteriormente di motivi tratti oltreché dal mondo greco-romano, (foglie d'acanto, ghirlande, palmette), e da quello egizio (motivi a piramide, sfingi, zampe di leone) in seguito alle campagne napoleoniche d'Egitto. 

Pare che Napoleone avesse destinato solo per acquisti di argenterie la somma di 100.000 franchi. 

Dalla Francia lo stile Impero si diffuse poi in gran parte dell'Europa.

Nel panorama europeo ottocentesco si distinsero anche gli argentieri dei Paesi Bassi, più attenti alla purezza delle linee che alla decorazione; essi elaborano un'elegante semplificazione delle tecniche fino a giungere all'aperto contrasto con lo stile Impero dominante in Europa.

L'Italia, invece, fu una delle prime nazioni in cui si affermò il linguaggio Neoclassico a partire già dagli ultimi decenni del Settecento, fino ai primi trent'anni anni del secolo successivo. Prima tra le città italiane fu Napoli, anche sotto l'impulso degli scavi di Ercolano che portarono alla luce pezzi appartenenti all'età classica. Anche a Roma esso si affermava precocemente con l'opera di Giuseppe Valadier, orafo, argentiere e architetto.






Nella seconda metà dell'Ottocento fu fenomeno europeo il diffondersi di un recupero storico degli stili precedenti (Neogotico, Neomedievale, Neorinascimentale) e il ritrovato interesse per elementi esotici, soprattutto dell'Oriente, che diedero vita alla corrente dell'Eclettismo.

Alcuni oggetti tra quelli di uso personale e quelli di uso collettivo furono particolarmente in voga nell'Ottocento. Dei primi conserviamo molte scatole, di forme e dimensioni diverse, generalmente non grandi e munite di coperchi.

Riscontrarono molto successo ad esempio le scatolette portapillole a cerniera dell'argentiere C. Hejden di Amsterdam. 






  • Tabacchiere: la moda di fiutare il tabacco si diffuse nel tardo '600 e fino alla metà '800, cioè fino a quando le sigarette non presero il sopravvento e si diffuse dunque il tabacco da fumo - non più da fiuto - in ogni classe sociale, fra uomini e donne: iniziò una prolifica produzione di portasigari e portasigarette.

  • Vinaigrettes: piccoli contenitori con coperchio a cerniera, al cui interno vi era una spugnetta imbevuta di sostanze aromatiche; solitamente veniva portato con sé dalle signore e usato in caso di malore per rinvenire i sensi.

  • Portabiglietti: l'argento fu il materiale preferito per la durezza che dava protezione e per la sua predisposizione ad essere inciso per le decorazioni.

  • Calamai: composti da un vassoietto con cavità per le vaschette dell'inchiostro, spolverino per la sabbia e un contenitore per la ceralacca con cui sigillare le lettere.

  • Boccali: nel passato furono impiegati solo per bere alcolici, ma nel XIX secolo diventano un dono simbolico, in occasione del Natale o di altre ricorrenze; il manico si fa più sinuoso e molto decorato al fine di impreziosirne la fattura.





Inizialmente i destinatari più favoriti per i doni in argento furono i bambini e i donatori spesso i nonni e genitori che vollero lasciare dediche di affetto incise nel metallo; in seguito tale moda del dono natalizio coinvolse anche gli adulti.

Tra gli oggetti di uso collettivo abbiamo caffettiere e cioccolatiere che prendono forme strutturalmente diverse rispetto al Settecento, secolo in cui entrano già in uso. Nel 1820 la cioccolata, da viscosa e schiumosa, divenne più fluida grazie al processo di raffinazione che la privava del burro di cacao e così i beccucci si restrinsero; anche la caffettiera subì trasformazioni nel corpo, diventato più ampio, quasi rassomigliante ad una teiera.





La moda del tè


La moda del servizio da tè completo dominò in tutta Europa, non subì grossi interventi di base, a parte i mutamenti stilistici, ma le zuccheriere a partire dall'Ottocento furono quasi sempre incluse nei servizi da tè e caffè e quindi ebbero decorazioni e forme specifiche in accordo con l'intero servizio.

Il five o' clock tea, momento importante della giornata, divenne soprattutto in Inghilterra una consuetudine da servire con una cerimonia piuttosto complessa. 

Infatti un servizio da tè doveva comprendere una teiera, un bricco per il latte, un contenitore per l'acqua calda, una zuccheriera, una ciotola per i resti del tè, tazze e cucchiaini. Mentre prima l'attenzione degli argentieri era riservata al pezzo principale, la teiera, solo all'inizio dell'Ottocento questi oggetti incominciarono a presentarsi coordinati ed eseguiti secondo uno stesso modello.









Manuela Alotto

Approfondimenti

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